Ricordo di Angelo Brunatto

Adriano Viarengo, Angelo Brunatto ed Elisio Croce

C’era, in Angelo, una solidarietà istintiva verso gli altri. Potremmo dire che “non stava a pensarci su”, interveniva.
Gli veniva naturale. Come quando – ancora un ragazzo – divenne partigiano. Già all’indomani dell’ 8 settembre 1943 era salito con “Vigiu” Giorda sulla Seia per sapere perché indugiasse ancora lì un reparto dell’esercito e, soprattutto, quale fosse il destino della batteria contraerea installata sulla collina. Saputane la destinazione (cessione ai tedeschi), dopo una brusca conversazione con un ufficiale, i due erano tornati con argomenti più rumorosi e convincenti: la Seia venne sgombrata. E ancora una domanda simile concluderà la sua esperienza resistenziale, nell’aprile 1945. Questa volta essa venne rivolta al comandante di un reparto tedesco fermo a Sant’Ambrogio da qualche giorno. Troppi giorni per la pazienza di Angelo, Vigiu, Checco Chiappori e Claudio Bert (l’amico di una vita di Angelo), incuranti di quella che avrebbe potuto essere la reazione tedesca. Tutto quanto fatto con assoluta naturalezza.
Poi, subito, il ritorno al lavoro, in fabbrica, con altrettanta semplicità. Lo studio serale, le responsabilità di una carriera nel delicato settore della manutenzione degli impianti; l’inizio di una lunga esistenza al fianco di Rosanna, con la creazione di una bella famiglia.
Senza, però, che venisse meno il suo impegno per la Comunità di Villar Dora. In consiglio comunale, nelle discussioni, nella partecipazione alle competizioni elettorali.
Era sempre lo spirito di servizio a distinguere Angelo. Per quanti decenni, ogni volta che si organizzava una iniziativa pubblica che richiedesse l’illuminazione elettrica, subito si levava una voce: “ciamuma Angelo”. E Angelo c’era, con la sua competenza e la sua pacata energia. La stessa cosa, poi, avveniva anche per i bisogni della gente comune, soprattutto per i più umili e fragili.
Non le cercava, ma non temeva di assumersi delle responsabilità. L’esempio più grande che ne ha dato è stato sicuramente il suo impegno nel Gruppo Culturale Villardorese del quale fu socio fondatore, vice-presidente, poi presidente per quasi trent’anni ed ora presidente onorario. Del Gruppo è stato, sempre e tenacemente, l’anima. Per decenni ha fatto di tutto: ha montato impalcature e steso relazioni, tenuto una ineccepibile contabilità delle spese e predisposto l’illuminazione per una serata.
Ha trovato anche il tempo per lavorare in un patronato sindacale, raccogliendo documentazione per dichiarazioni dei redditi e pratiche pensionistiche, partecipando pazientemente ai corsi di aggiornamento in queste complesse materie.
Perché Angelo non era avaro del suo tempo. C’era l’esigenza di assicurare l’apertura del piccolo museo archeologico che la generosità di Aureliano Bertone aveva messo a disposizione del nostro paese? Ecco che Angelo era pronto ad essere tra coloro che la garantivano (magari insieme all’antico amico Claudio Bert).
C’era per tutti, Angelo, non a parole, ma con le opere. Per questo, oggi, sentiamo un vuoto enorme mentre, ancora una volta, come tante altre volte abbiamo fatto, gli diciamo: GRAZIE, ANGELO.

Adriano Viarengo